Un uomo che è costretto a dire «io sono il re» Non è un vero re

Tywin lannister e joffrey lannister
Un uomo che è costretto a dire «io sono il re» Non è un vero re

Nella decima puntata della terza stagione del Trono di Spade c’è una scena geniale!

 

In pochi minuti sintetizza in modo efficace cosa dovrebbe essere l’assertività; una parola che oggi si sente molto in corsi di crescita personale, e che viene facilmente fraintesa.

 

 

cosa succede nel film

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Joffrey Baratheon

Re Joffrey si trova in posizione di comando non per merito ma perché ereditata da altri. Non ha le qualità per ricoprire il suo ruolo, e invece di lavorare per ottenerle usa il suo potere per imporre un’autorità che non gli viene riconosciuta. 

Di fronte al fatto che i suoi interlocutori non riconoscono la sua autorità l'unica reazione che riesce ad avere è urlare: "io sono il re"

Tywin lannister: trono di spade, Game of thrones
Tywin Lannister

Tywin invece da l’esempio di come si comporta chi ha autorità e autorevolezza e ne è consapevole. Prima tenta di dare una lezione a Joffrey con la frase “un uomo che ha bisogno di dire io sono il re, di fatto non è un re”.

Joffrey non gli riconosce autorità poiché si ritiene al di sopra di tutti in virtù del suo titolo, e ribatte alzando la voce.

Tywin invece di rispondere a Joffrey si rivolge agli altri presenti nella stanza che gli riconoscono autorità, e spedisce il re a letto senza cena!

 

Abbiamo quindi sia l’esempio in negativo che quello in positivo di come reagire quando la nostra autorità non viene riconosciuta

 

Cosa succede nella vita reale

Possiamo osservare dinamiche simili in diversi contesti, e facendo un giro in diversi gruppi nei social media possiamo verificare il loro ripetersi in diverse situazioni.

C’è il Laureato che contesta il fatto che dei “non laureati” svolgano mansioni che ritiene essere di sua esclusiva competenza.

Chi ha preso una certificazione e lamenta il fatto che altre figure professionali non ne riconoscano il valore.

C’è il venditore che si lamenta del mancato acquirente perché non ha riconosciuto il valore della proposta commerciale.

C’è il professionista che si lamenta del cliente che contesta la sua parcella.

 

A me tornano in mente alcuni insegnanti che non riuscivano a farsi rispettare dalla classe e reagivano alzando la voce e distribuendo note.

 

Ciascuno costruisce il proprio “ego”, gli da un valore, un’importanza e  vi si aggrappa.

Quando gli altri non riconoscono questo ego chi tenta di imporsi con frasi tipo: “io sono il re”, lo fa perchè dimentica che gli altri ci guardano con occhi diversi dai nostri; vedono i nostri comportamenti, e sulla base di ciò che vedono costruiscono un’immagine di noi che può essere molto diversa quella che noi vorremmo proiettare. 

 

alcuni spunti di riflessione

 DI FATTO l’unica autorità che abbiamo è quella che altri ci riconoscono.

Il valore effettivo dei nostri servizi è quanto gli altri sono disposti a pagarli.

Il nostro lavoro è quello che il nostro datore di lavoro è disposto a darci.

 

 

La pillola:

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conclusioni

Una cosa è avere degli obiettivi, delle aspirazioni e cercare di realizzarle comunicandole agli altri; altra cosa è l’imposizione della propria visione.

 

 “io sono il re”, “lei non sa chi sono io”, e frasi simili sono un segnale d’allarme per chi le pronuncia. 

Se diamo seguito al pensiero “io sono il re” di fatto non vedremo i nostri errori e non potremo correggerli.

 

Con la consapevolezza si può interrompere un comportamento deleterio; appena sorge il pensiero “io sono il re” si può riconoscere l'errore che lo ha generato e fermarsi.

Forse ci stiamo relazionando con le persone “sbagliate”; cerchiamo di vendere a chi non ha bisogno del nostro prodotto,  stiamo dando informazioni a chi non è interessato, il nostro cliente non ha bisogno del nostro servizio.

Forse non siamo abbastanza autorevoli, o la nostra comunicazione è inefficace.

 

Qualunque sia la situazione specifica, la consapevolezza è la condizione indispensabile per interrompere un'azione negativa.

 

 


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