Arti Marziali e Spiritualità (seconda parte)

Lama Thamthog Rinpoche Abate del monastero del Dalai Lama e Khenrab Rinpoche.
Il Ven. Khenrab Rinpoche (a destra) con l'abate del Monastero del Dalai Lama, il Ven. Thamthog Rinpoche.

La seconda parte dell'intervista al Ven. Lama Tenzin Khenrab Rinpoche, Lama Residente a Milano preso L'Istituto studi di Buddhismo Tibetano Ghe Pel Ling.

 

Scopriamo altri punti di contatto tra pratiche spirituali ed arti marziali; la motivazione, il ruolo del Maestro e accettare la sconfitta.

 

L'istituto segue la tradizione del Dalai Lama, ed ha organizzato la sua visita nei giorni 21 e 22 Ottobre 2016 (oltre ad aver organizzato quelle del 1999, 2007 e 2012).

 

 

  

L'importanza della motivazione

Gianluca

L'approccio, la motivazione che spinge ad accostarsi ad un'arte marziale è fondamentale per poter accedere a tutti i benefici che essa può portare. Mi chiedo quando e come poter introdurre questo discorso agli allievi?

 

E' facile trovare persone che si avvicinano alle arti marziali solo per ottenere le conoscenze per sconfiggere gli altri, per danneggiarli. 

 

Un mio ex allievo ad esempio mi chiedeva spesso tecniche efficaci per battere i suoi nemici. Ricordo che all'inizio gli spiegai solo le posizioni e come camminare...

 

 

 

M° Gaetano Lauria

Un maestro coreano che ho incontrato quarant'anni fa, uno dei primi a portare in Italia il Kung Fu, pratica Pa Kua, una tecnica basata sul camminare e associata all'elemento dell'acqua. Lui diceva che, per quanto un avversario possa essere forte, se ti sposti e non ti fai colpire, la sua forza non può danneggiarti.

 

Rinpoche

Una buona idea. Se i nostri nemici non possono danneggiarci, allora li abbiamo sconfitti senza danneggiarli a loro volta.

 

Riguardo alla motivazione iniziale, le arti marziali non possono essere insegnate a chiunque. Occorre invece analizzare bene la motivazione iniziale del praticante.

 

L'arte marziale ha il compito di calmare noi stessi, calmare la mente, combattere la nostra tendenza a distrarci e le nostre emozioni negative. Quella di difendersi dagli altri dovrebbe essere una motivazione extra.

 

 

Nel monastero Shaolin non si insegnava tutto a tutti. I maestri controllavano l'allievo, le motivazioni della sua venuta e della sua volontà di imparare il Kung Fu.

 

Prima di aver compreso la reale motivazione dell'allievo è meglio non entrare nei dettagli delle tecniche, soprattutto di quelle più efficaci.

(n.d.r. Questa era prassi in tutte le scuole, soprattutto quelle di arti marziali "interne". Non è che le arti marziali tradizionali non siano efficaci... non è detto che chi le insegna abbia ricevuto TUTTE le istruzioni. Chi pratica Tai Chi ed Aikido ad esempio sa dove si studiano i colpi in queste discipline?).

 

 M° Gaetano Lauria

Nei nostri corsi, abbiamo una sorta di filtro: all'inizio, per almeno sei mesi, insegniamo i fondamentali. Sono come l'alfabeto e occorre ripetere ogni esercizio fondamentale almeno mille volte prima di andare avanti con la pratica. 

 

 Chi ha solo voglia di combattere sottovaluta questo allenamento e tende ad andare via.

 

L'atteggiamento del Maestro

Rinpoche

Nella pratica spirituale, si dice che "il Maestro non deve fare come il cane con il fegato". Nella realtà, quando il cane vede il fegato lo mangia senza porsi il problema se è buono o velenoso, non analizza la situazione.

 

Con il discepolo, il Maestro deve controllare bene la sua motivazione e scegliere di insegnare alcune cose e altre no.

 

A chi vuole imparare un'arte marziale solo per sconfiggere gli altri, a chi ha solo quel tipo di motivazione, è meglio non insegnare tecniche troppo efficaci, farebbe solo danni. Il motivo ultimo delle arti marziali non è infatti quello di distruggere i nemici esteriori.

 

È importante, di tanto in tanto e senza fare lunghi discorsi, ricordare ai discepoli la motivazione che dovrebbe avere chi pratica un'arte marziale.

 

È importante insegnare non solo i movimenti, ma spiegare sempre la motivazione dell'arte marziale, soprattutto ai bambini che così, da adulti, avranno una sorta di esitazione nel fare qualcosa che può danneggiare gli altri.

 

 Prima di insegnare Kung Fu è meglio chiarire subito queste cose così chi non è d'accordo, chi ha motivazioni diverse, ha tutto chiaro fin da subito e può decidere di lasciare.

Accettare la sconfitta

Gianluca

Un altro concetto che ho trovato nel Tai Chi che ho poi ritrovato negli insegnamenti Buddisti, è quello di accettazione della sconfitta.

 

M° Gaetano Lauria

Quando il Maestro Chen Man Chin, il primo che ha chiesto al suo maestro Yang Chen Fu di rendere pubblico il Tai Chi per la salute, spiegava le applicazioni pratiche di quest'arte marziale diceva che bisogna essere disposti a perdere.

 

Nel Tai Chi, se accetti di poter essere colpito, se non hai paura di essere colpito, solo allora puoi schivare l'attacco e ritorcere la forza di questo attacco contro il tuo avversario, ad esempio sbilanciandolo e facendolo cadere.

 

 

Rinpoche

Nel testo "Otto strofe dell'addestramento mentale" di Langri Tampa si parla di accettare la sconfitta e concedere la vittoria ad altri. Accettando la sconfitta, in realtà accade che la vittoria è nostra. Scegliamo di concedere la vittoria, ma la realtà è che siamo noi a vincere. È come l'esempio del Tai Chi: se non siamo colpiti da chi ci attacca, siamo noi a vincere.

 

Nella pratica spirituale si dice anche accettare la sofferenza; questo non significa che dobbiamo soffrire, ma che dobbiamo accettare il fatto che la sofferenza esiste. Se cerchiamo di evitare la sofferenza, in realtà la aumentiamo. Accettando la sofferenza siamo in realtà felici.

 

Accettazione è vincere se stessi

 

L'accettazione prevale su tutto. Accettazione è vincere noi stessi. Questo vale per le pratiche spirituali, per le arti marziali e per la vita quotidiana. L'accettazione è conclusiva, accettando che una cosa possa accadere finisce la paura di quella cosa.

 

Se quando accade qualcosa noi la accettiamo, chiudiamo la questione. Se qualcuno ci fa qualcosa e noi non l'accettiamo, lui continuerà a farla. Se invece accettiamo, chiudiamo la storia. Per questo l'accettazione è conclusiva. Accettare la sofferenza vuol dire conclusione della sofferenza.

 

M° Gaetano Lauria

Un discorso molto chiaro, molto sottile, difficile da mettere in pratica....

 

Rinpoche

Dipende dall'abitudine. Noi siamo abituati a reagire immediatamente e se reagiamo significa che non c'è accettazione. Accettare e reagire sono l'uno l'opposto dell'altro.

 

 

 

 Grazie ad Alberto Covini per la revisione.

 

 


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